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Il candidato Vannacci e i “giovani che vogliono farsi manganellare”. La Lega veneta e Fedriga dicono “No, grazie”

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E’ stato un Salvini in gran spolvero quello che, a mostrare tutte le sue capacità, ha candidato il generalissimo che ha esordito con l’aforisma “sono i giovani che vogliono farsi manganellare”. Così mentre l’altro genio leghista, il Crippa, dice che con Vannacci “ci sarà un seggio in più” perché mica si corre per la poltrona, dal Friuli e dal Veneto i leghisti che contano, mica i vice che vivono di luce riflessa e pappagallismi, dicono che non se ne parla e il Vannacci non lo votiamo.

Il presidente del Friuli Venezia-Giulia non le ha mandate a dire e riferendosi a Vannacci, a Un Giorno da Pecora, ha detto “Spero possa contribuire a fare delle liste forti e ad ottenere un buon risultato per la Lega, io sono molto contento dei candidati proposti in Friuli Venezia-Giulia, candidature di valore ed espressione del mio territorio” riservandosi la coltellata per il finale “Io lavorerò per questi tre candidati, visto che al massimo si possono esprimere tre preferenze”. Che oltre all’ovvio “Non lo votiamo” e non lo faremo votare è anche un messaggio a Salvini affinché eviti di candidarlo come capolista. Anche Centinaio ha detto la sua in modo inequivocabile: “Mio nonno è stato picchiato dai fascisti” ha dichiarato a Repubblica, aggiungendo poi “Voterò per uno della Lega. E come me tanti altri.” In precedenza anche il capogruppo alla Camera Riccardo Molinari e quello al Senato Massimiliano Romeo, si erano espressi allo stesso modo”. Volendo poi andare a spulciare tra le liste non stupisce nemmeno un po’ che una macchina da voti come il governatore del Veneto Luca Zaia non sia stato messo in lista e gli si preferisca Vannacci. Il segno è chiaro: Salvini vuole andare dove va la maggioranza cui appartiene, cioè verso un’autarchica di stampo ungherese e verso la cancellazione dello stato democratico come lo conosciamo, che è la direzione contraria in cui va la Lega che conta (quella che prende i voti). Pace all’anima sua. E con la sua, quella del Crippa.

Verrebbe voglia di essere già al 10 giugno per vedere come e quanto ha funzionato questa nuova straordinaria avventura salviniana, quel segretario e sempre ministro che dal Papeete non ne imbrocca una: voleva pieni poteri, se li è presi la Meloni; voleva una Lega vincente, perde voti ad ogni battito di ciglia; voleva essere qualcuno e a modo suo lo è diventato. Ci sono sempre motivi di soddisfazione.

L’ultima avventura parte da una candidatura che spacca la Lega dall’alto, per effetto dell’ennesima impopolare decisione della segreteria, con la rivolta contro i vertici che parte dal basso, da quelli che sono in Lega da 40 anni e che al gioco al Salvini non ci stanno più. E sono quelli che portano i voti: dal Veneto al Friuli Venezia-Giulia, da Fedriga a Zaia a tutta la base (milioni di voti). Sembra chiaro che Salvini è al redde rationem. Sarà un piacere.

 

(27 aprile 2024)

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